Da quanto tempo sappiamo che esiste il cambiamento climatico? Qualche anno? Decenni? In realtà, da molto più di un secolo. E chi per primo ha intuito i principi scientifici che lo regolano? La climatologia moderna nasce nella seconda metà dell’Ottocento. I nomi più importanti sono su libri e sussidiari: Svante Arrhenius, James Hansen – tuttora in vita – o il fisico irlandese John Tyndall.
Ma oggi non voglio raccontarvi la loro storia. Bensì quella di una donna, una scienziata amatoriale che per prima, già nel 1856, aveva intuito il ruolo dell’anidride carbonica nel riscaldamento del pianeta. Il suo nome era Eunice Newton Foote. E quasi nessuno lo conosce. Non ci sono nemmeno sue foto, forse una sola, anche se qualcuno ipotizza che ritragga sua figlia. Le pagine sulle enciclopedie sono scarne, su Wikipedia non esisteva fino a pochi anni fa. Ho creato io la pagina italiana.
Per più di un secolo, le sue ricerche sono rimaste nell’ombra. I suoi esperimenti, la sua intuizione sull’effetto serra, ma anche il suo ruolo nei movimenti femministi americani: tutto è stato dimenticato. La storia di Eunice è quella di una scienziata brillante, ma esclusa dal dibattito scientifico del suo tempo. E oggi, a pochi giorni dall’8 marzo, è il momento di restituirle il posto che merita.
Un esperimento rivoluzionario
Partiamo dal momento più importante. Nell’estate del 1856 Eunice Foote sta conducendo esperimenti in un piccolo laboratorio casalingo. Prende dei cilindri trasparenti di vetro e li riempie con diversi gas: aria secca, aria umida, idrogeno e, soprattutto, anidride carbonica, che all’epoca era definita erroneamente “carbonic acid gas”. Poi espone i cilindri alla luce del sole e registra i cambiamenti di temperatura. Il risultato la coglie di sorpresa: il cilindro con l’anidride carbonica si riscalda molto più degli altri e trattiene il calore più a lungo. Annota i risultati e decide di pubblicare uno studio sull’American Journal of Science. Nelle ultime righe di quelle due pagine di report, Eunice scrive una frase che oggi suona profetica: «Un’atmosfera formata da quel gas porterebbe la nostra Terra a una temperatura più alta».
È la prima persona nella storia a collegare il livello di CO₂ nell’atmosfera all’aumento della temperatura terrestre. Non tutti i passaggi dell’esperimento sono corretti, è pur sempre una scienziata amatoriale negli Stati Uniti , un Paese in cui la scienza non era così evoluta come in Europa. Ma la sua intuizione arriva tre anni prima di John Tyndall, fisico irlandese a cui ancora oggi viene attribuito il merito di questa scoperta. Quando lo studio viene presentato alla conferenza dell’American Association for the Advancement of Science, non può nemmeno leggerlo lei stessa: le donne non erano ammesse a parlare in pubblico nei congressi scientifici. A farlo è Joseph Henry, scienziato dell’Istituto Smithsonian, che introduce il suo studio con queste parole: «La scienza non ha né stato né sesso. La sfera di competenza delle donne non abbraccia solo la bellezza e l’utilità, ma anche la verità».
Una frase che, riletta oggi, suona piuttosto amara.
Chi era Eunice Newton Foote
Eunice nasce nel 1819 a Goshen, nel Connecticut, e cresce a Bloomfield, New York. Il padre, Isaac Newton Jr., è un agricoltore che riesce a dare alla figlia un’istruzione superiore alla media per una donna dell’epoca. A 17 anni, Eunice si iscrive al Troy Female Seminary, un istituto femminile all’avanguardia, che permette alle sue studentesse di seguire corsi di scienze in un college maschile. Qui si appassiona alla chimica e alla fisica, imparando dai libri di una pioniera della divulgazione scientifica, Almira Hart Lincoln Phelps. All’epoca, questo campo era definito “Filosofia della Natura”. Dopo gli studi, sposa Elisha Foote, un giudice e inventore, e si trasferisce a Seneca Falls, il paese che diventerà la culla del movimento femminista americano.
Eunice è una vicina di casa e amica di Elizabeth Cady Stanton, una delle leader del suffragio femminile. Così, nel 1848, partecipa alla storica Seneca Falls Convention, la prima assemblea per i diritti delle donne, e diventa la quinta firmataria della Declaration of Sentiments, documento che segna l’inizio della battaglia per il voto femminile. Il marito, sempre al suo fianco, è il quarto firmatario tra gli uomini.
Ma il suo vero amore rimane la scienza. Insieme al marito, continua a fare esperimenti e brevetta diverse invenzioni, tra cui un’imbottitura in gomma per evitare il cigolio delle scarpe e un nuovo tipo di carta più resistente. Eppure, l’esperimento sulla CO₂ rimane il suo contributo più importante, anche se lei stessa non se ne accorge. Eunice Newton Foote muore a 69 anni il 30 settembre 1888.
L’oblio e la riscoperta
Nel 1859 il fisico irlandese John Tyndall conduce esperimenti più precisi con strumenti più avanzati e scopre il potere della CO₂ nell’assorbire il calore terrestre. È il primo a descrivere nei dettagli l’effetto serra e diventa il riferimento per tutti gli studi successivi. Ma ha copiato da Eunice? Secondo il biografo di Tyndall, Roland Jackson, no. Tyndall semplicemente non sapeva dell’articolo di Eunice Foote. Il suo lavoro non era stato discusso abbastanza, non era circolato in Europa e nessuno gli aveva dato importanza. Così, Eunice finisce nel dimenticatoio per oltre 150 anni.
Nel 2010, un geologo in pensione, Ray Sorenson, riscopre il suo articolo e ne comprende l’importanza. Da allora, il suo nome ha iniziato a riemergere. Nel 2019, a duecento anni dalla sua nascita, il New York Times le ha dedicato un necrologio nella rubrica Overlooked, dedicata alle persone importanti che non sono state notate in tempo. La climatologa Katharine Hayhoe, tra le più importanti a livello globale, ha definito il suo lavoro «fenomenale». E il professore John Perlin ha paragonato il suo ruolo nella scienza a quello di Rosa Parks nella lotta per i diritti civili. Ci sono stati spettacoli teatrali dedicati a Eunice, un cortometraggio, podcast. Ma il riconoscimento più curioso arriva dall’Università delle Hawaii, dove una scienziata ambientale di nome Liz Foote ha scoperto di essere una discendente diretta di Eunice. Qualche anno fa ha detto: «Non sapevo nulla di lei, eppure mi sto specializzando proprio in scienze ambientali. È un onore portare avanti la sua eredità.»
L’eredità di Eunice
Oggi sappiamo che l’effetto serra è essenziale per rendere abitabile il nostro pianeta. Senza di esso, la temperatura media della Terra sarebbe di -18°C invece degli attuali +15°C.
Ma sappiamo anche che l’aumento dei gas serra causato dalle attività umane e dallo sfruttamento senza controllo dei combustibili fossili sta alterando il clima in modo drammatico. La concentrazione di CO₂ nel 1856, quando Eunice faceva il suo esperimento, era intorno a 285,4 parti per milione. Oggi ha superato le 425 parti per milione, livelli che non si vedevano da 14 milioni di anni.
Se Eunice Foote fosse vissuta in un’epoca diversa, se avesse avuto accesso a una carriera accademica, chissà quali altre scoperte avrebbe fatto. Oggi, ricordare la sua storia non significa solo renderle giustizia, ma anche riconoscere che la scienza ha bisogno di tante voci diverse.
Siamo portati a credere che popolarità e riconoscimento siano aspetti frivoli della vita. Cresciamo in un mondo dove il successo mediatico appartiene a chi recita, a chi pratica sport, agli influencer. Guardiamo con diffidenza chi cerca a tutti i costi di essere notato. Eppure popolarità e riconoscimento sono due fattori importanti nel mondo delle scienze. Significa, tra l’altro, avere più supporto, più finanziamenti, più interesse. Le scienze hanno bisogno di spiriti curiosi e menti diverse. E tutti noi abbiamo bisogno di conoscere i pionieri e le pioniere che in passato hanno acceso nuove luci nel buio.
C’è un ultimo dato che voglio raccontare. Delle centinaia di paper scientifici scritti negli Stati Uniti nel campo della fisica nell’Ottocento, solo 16 sono stati scritti da donne e prima del 1889 il conteggio era fermo a due: entrambi di Eunice Newton Foote.
E allora oggi celebriamo la sua storia, raccontiamola alle pioniere e ai pionieri del domani: ragazze e ragazzi che si avvicinano con interesse agli studi scientifici. Per riscrivere il futuro del cambiamento climatico abbiamo bisogno di loro. Del loro coraggio e del loro senso della meraviglia.
Nicolas Lozito è giornalista a La Stampa. Scrive la newsletter settimanale sulla crisi climatica Il colore verde, nata nel 2020. Ha curato diversi podcast sull’ambiente, tra cui Verde Speranza (One Podcast) e Moltitudini (Laterza). Insegna al Master di Giornalismo della Luiss di Roma e alla Scuola Holden.
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Non conoscevo la storia di Eunice Newton Foote ed e’ veramente interessante. Grazie per l’articolo. Un’unica pecca, se posso: il grafico in figura non è chiaro. Mancano label in entrambi gli assi.