Il Sole, la nostra stella, fornisce il calore e l’energia necessaria a molti processi, compreso il sistema climatico. Il bilancio energetico della Terra è determinato dal rapporto tra la quantità di radiazione solare in entrata e da quella che il pianeta emette in uscita. Può essere perciò intuitivo pensare che il Sole debba avere un ruolo da protagonista in qualsiasi cambiamento del clima. Compreso quello attualmente in corso.
Partiamo dalla premessa che, anche sul rapporto tra Sole e clima, non siamo all’anno zero delle conoscenze scientifiche. È da almeno un paio di secoli che ci si interroga a riguardo. Uno dei primi ad occuparsene è stato, nei primi anni dell’Ottocento, l’astronomo tedesco William Herschel, che intravide una correlazione – poi non confermata – tra i cicli delle macchie solari e l’andamento dei prezzi del grano.
Osservate per la prima volta da Galilei nel 1610, le macchie solari appaiono come aree scure della superficie del Sole e più fredde rispetto alle regioni circostanti, a causa di campi magnetici particolarmente intensi che riducono l’afflusso di calore dall’interno. Nei pressi delle macchie si verificano brillamenti, cioè violente esplosioni che emettono grandi quantità di radiazioni elettromagnetiche, spesso accompagnate da espulsioni di particelle cariche sotto forma di plasma ionizzato. Il numero di macchie solari è perciò un indice della quantità di energia emessa dal Sole e del suo stato di attività. Il loro numero fluttua da un minimo a un massimo, secondo un ciclo che dura in media 11 anni. Il ciclo undecennale, a sua volta, si inserisce in periodi di minimo o massimi più lunghi. Uno di questi ha attirato in particolare l’interesse degli scienziati e degli storici, per il suo possibile significato per la storia del clima. Si tratta del Minimo di Maunder, durato dal 1645 al 1710.
Nell’arco di quegli anni anni le macchie solari quasi scomparvero. Ne furono osservate molto poche, rispetto ad altri periodi. Il Minimo di Maunder (che prende il nome da una coppia di astronomi) si è verificato durante una fase chiamata “Piccola Era Glaciale”. La definizione è diventata popolare, sebbene sia impropria e fuorviante perché non fu un vero e proprio periodo glaciale (tantomeno, dal punto di vista geologico, un’era). La sua stessa tempistica è incerta. Dovrebbe essere durata dal Cinquecento fino a metà dell’Ottocento, ma alcuni studiosi collocano il suo inizio al Quattrocento o al Trecento. Durante questi secoli, in Europa, ci furono inverni molto rigidi e ci sono indizi di un abbassamento delle temperature anche in altri continenti. Ma, piuttosto che un fenomeno globale e sincrono, si trattò di un complesso di eventi regionali. Durante il Minimo di Maunder la temperatura media globale non si è ridotta di più di 0.3-0.4 gradi centigradi. Di certo, la diminuzione dell’attività solare avvenuta durante questo minimo non può essere l'unica causa della Piccola Era Glaciale, dal momento che questo periodo è durato molto più a lungo. Altri fattori devono essere stati più importanti, come un cambiamento della circolazione atmosferica nel Nord Atlantico o un aumento dell’attività vulcanica.
Qualsiasi siano state le sue cause, questa Piccola Era Glaciale si chiudeva proprio nel momento in cui noi esseri umani, con la Rivoluzione Industriale, abbiamo iniziato a generare quantità sempre più grandi di gas serra bruciando combustibili fossili. Se si osserva l’andamento dei cicli delle macchie solari dalla metà dell’Ottocento si nota che l’attività solare si intensifica nel corso del Novecento fino a poco dopo la metà del secolo.
Ciò avveniva negli stessi decenni in cui iniziavano a crescere sia la temperatura globale che le emissioni di gas serra. È possibile, dunque, che all’inizio del secolo scorso il Sole abbia dato un contributo all’aumento della temperatura, ma poi si è verificata una svolta. Dagli anni Settanta, mentre la concentrazione atmosferica di CO2 aumentava sempre di più, la temperatura globale iniziò a impennarsi, mentre l’attività del Sole andò incontro a una leggera diminuzione. Questa è una forte evidenza che dimostra che il riscaldamento globale recente non possa essere causato dal Sole.
Il comportamento della nostra stella e la temperatura del pianeta vanno in direzioni opposte. Nel complesso, perciò, l’azione congiunta dei fattori naturali sul clima (in sostanza: Sole + processi vulcanici) nell’ultimo secolo ha avuto un effetto trascurabile. Anche se nel corso di questo secolo il ciclo delle macchie solari dovesse andare incontro a un minimo come quello di Maunder (una possibilità che non si intravede all’orizzonte), questo non sarebbe capace da solo di fermare il riscaldamento globale antropico, ma solo di contenerlo di non più di 0.3 gradi centigradi.
C’è un’altra evidenza che ci permette di escludere che il Sole sia la causa del riscaldamento globale in corso. Se la responsabilità fosse della stella, infatti, dovremmo riscontrare un aumento della temperatura sia nello strato più basso dell’atmosfera, la troposfera, che in quello immediatamente superiore, la stratosfera. Le rilevazioni mostrano invece che la prima si sta riscaldando, mentre la seconda si è raffreddata. Il raffreddamento della stratosfera è un effetto sia della distruzione dell’ozono che dell’aumento della concentrazioni di CO2 nello strato inferiore, entrambi causati dalle attività umane. Questo fenomeno era stato previsto già nel 1967 da un modello climatico utilizzato in uno dei più importanti studi della storia della climatologia, firmato da Syukuro Manabe e Richard Wetherald (il primo è tra i vincitori del premio Nobel per la Fisica del 2021). Il fatto che i dati lo confermino dimostra la bontà della teoria.
È stato ipotizzato che variazioni dell’attività solare, che incidono sulla quantità di raggi cosmici che raggiungono la Terra, possano esercitare qualche azione sulla formazione delle nubi e quindi anche sul clima. Ma l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change afferma che dagli studi non emerge una robusta associazione tra i due fattori.
Variazione cicliche della quantità e della distribuzione della radiazione solare che colpisce la Terra hanno un impatto sul clima. Ma queste non comportano cambiamenti dell’attività del Sole e, inoltre, si svolgono su scale temporali di decine e centinaia di migliaia di anni. Non hanno perciò alcun ruolo in un cambiamento climatico così rapido come quello a cui assistiamo.
A dispetto di tutto ciò, varie “ipotesi solari” riemergono di tanto in tanto nel dibattito pubblico, a volte in seguito alla pubblicazione di qualche studio, compreso qualcuno che in seguito mostra diverse criticità metodologiche. Queste ipotesi vengono impugnate come prova di un dibattito scientifico sulle cause dell’attuale riscaldamento globale, dibattito che invece non esiste. Il Sole è un cavallo di battaglia per chi vuole negare un fatto incontrovertibile: noi esseri umani abbiamo ormai cambiato la storia climatica della Terra. Di quanto, dipenderà sempre da noi.
Antonio Scalari è un comunicatore della scienza. Collabora con il sito di informazione Valigia Blu ed è un membro fondatore di Climate Media Center Italia.
A Fuoco è un progetto collaborativo. Vuoi partecipare?
Rispondi al nostro sondaggio sul giornalismo climatico: aiutaci a capire cosa manca e cosa si può migliorare nell’informazione sulla crisi climatica nei media italiani.
Facci una domanda - Lascia un commento
Strumenti che puoi usare anche tu
A proposito di sole: non dimentichiamoci che si tratta anche di una fonte di energia rinnovabile. Sul tema c’è un progetto di ricerca che si chiama Sistema informativo geografico fotovoltaico (Photovoltaic Geographical Information System – PVGIS): una banca dati open source e ad accesso libero e gratuito. Ti aiuta a rispondere a domande come
quanta elettricità potrebbe produrre il fotovoltaico dove vivo?
come cambia la produzione nel corso dell’anno?
quanto aiuta una batteria a utilizzare tutta l'energia elettrica prodotta?
Lo trovi qui. Basta accedere alla mappa, indicare il luogo che vuoi analizzare – magari il comune o la città dove vivi – e impratichirsi un po’ nello scoprire le performance potenziali di un sistema fotovoltaico, le serie di radiazioni solari, il variare del tempo meteorologico (dati reali consolidati).
Ottimo articolo
Grazie Antonio! Ottimo esempio di divulgazione di un argomento spesso trattato in modo poco chiaro. Una sfida per chi si occupa di comunicazione.