«Il clima è tutto», era il titolo di una copertina della rivista Time del 2021. Queste parole erano la sintesi estrema di una realtà che il cambiamento climatico ci sta dispiegando con sempre più forza. Cioè, che non esiste di fatto settore della società che si possa considerare immune dalle conseguenze di un mondo sempre più caldo ed escluso dalle azioni che servono per affrontarlo. Come la pandemia, scriveva Time, il cambiamento climatico ridisegna ogni angolo della società.
L’universalità della questione climatica dovrebbe andare in parallelo con l’attenzione della società verso di essa, nella politica e nei media. Il tema è entrato stabilmente nell’agenda degli Stati, ma fuori, nello spazio pubblico, rimane spesso ai margini. La campagna elettorale per le elezioni europee, che si terranno in Italia l’8 e 9 giugno 2024, gli ha dato scarso risalto. Un’occasione mancata. Quali sono le proposte che i partiti voglio portare avanti nel prossimo Parlamento europeo? Per saperlo bisogna spulciare i loro programmi. Che però pochi leggono.
Allo scopo di valutare, e far conoscere, le proposte dei partiti italiani sui temi che riguardano il clima, il blog scientifico Climalteranti e l’associazione Italian Climate Network hanno promosso la realizzazione di un Indice di impegno climatico per le elezioni europee 2024. Venti esperti hanno esaminato i programmi elettorali dei partiti, assegnando un punteggio in base a dieci criteri.
Tra questi ci sono la centralità, cioè se il cambiamento climatico emerge nel programma elettorale come questione importante e strategica; il livello di ambizione nel perseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra; la necessità di un rapido abbandono dei combustibili fossili e lo stop a nuovi investimenti nel settore, gas compreso; l’importanza assegnata a una transizione giusta, quindi a politiche che ne distribuiscano equamente i costi; la propensione all’inattivismo, per esempio con argomenti che spostano le responsabilità delle politiche climatiche verso altri Paesi o ne enfatizzano più i costi che i benefici.
Nel complesso si osserva che l’Indice di impegno climatico diminuisce man mano che ci si sposta dalla sinistra alla destra dell’asse politico. Tra i criteri di valutazione di questo Indice c’è anche il negazionismo, valutato sulla base della presenza nei programmi elettorali di affermazioni che mettono in discussione apertamente la realtà del riscaldamento globale o le sue cause umane. È la voce su cui tutti i partiti raggiungono il punteggio più alto. Anche a destra qui l’Indice è elevato e spicca rispetto a quello, molto più basso, degli altri criteri.
Affermazioni negazioniste raramente si ritrovano scritte all’interno di documenti di partito, assunte come posizioni ufficiali. Tuttavia compaiono nella discussione pubblica anche per bocca di politici di primo piano e leader di partito. Ne è un esempio il segretario della Lega Matteo Salvini, che il 31 luglio 2023 aveva detto che il ritiro dei ghiacciai della Alpi è un fenomeno ciclico, un’affermazione chiaramente negazionista, non supportata da evidenze scientifiche, che dimostrano al contrario che è una conseguenza del riscaldamento globale di origine antropica.
I programmi dei partiti italiani riflettono in gran parte quelli dei partiti di riferimento e dei loro gruppi presenti nel Parlamento europeo, con l’eccezione del Movimento 5 Stelle che al momento non appartiene a nessun partito europeo. Il think tank italiano ECCO, che si occupa dei temi del clima e dell’energia, ha pubblicato una sintesi dei programmi dei partiti italiani ed europei per le prossime elezioni europee. Anche questa analisi mette in luce i contrasti tra i soggetti politici a partire dalla stessa visione del Green Deal, il pilastro delle politiche climatiche e ambientali dell’Unione Europea.
L’area di centro-sinistra vuole mantenere o rafforzare i suoi obiettivi, anche in senso sociale, come propongono i socialisti europei, che sottolineano il legame tra politiche climatiche e sociali. In Italia il Partito Democratico (PD) e l’Alleanza Verdi-Sinistra (AVS) sono per raggiungere la neutralità climatica, cioè le emissioni nette di gas serra zero, rispettivamente nel 2050 - come stabilito dall’attuale Green Deal - e nel 2040. Anche il Movimento 5 Stelle (M5S) si allinea all’obiettivo del 2050. Al centro, Azione propone di rinviare al 2035 gli obiettivi per il 2030, che prevedono un taglio del 55 per cento delle emissioni per quella data e rifiuta ulteriori innalzamenti dei target di decarbonizzazione.
Stati Uniti d’Europa, lista che comprende tra gli altri Italia Viva e +Europa, non menziona obiettivi di riduzione, ma chiede «ragionevolezza e gradualità» nel raggiungerli. A destra, i programmi di Forza Italia e Lega chiedono di rivedere questi obiettivi. Fratelli d’Italia (FdI) esprime contrarietà al Green Deal. L’ultimo rapporto dell’Intergonvermental Panel on Climate Change ha ribadito che per contenere il riscaldamento globale entro 1.5 °C le riduzioni delle emissioni dovrebbero essere «immediate, rapide e su larga scala».
Sull’energia, i programmi dei partiti affermano un generico sostegno allo sviluppo delle energie rinnovabili, nella maggior parte dei casi senza specificare obiettivi. AVS propone di arrivare a una produzione di energia elettrica 100 per cento rinnovabile entro il 2040 e il M5S di triplicare la capacità rinnovabile esistente al 2030 attraverso investimenti e incentivi. Alla COP28 sul clima, che si è tenuta l’anno scorso a Dubai, gli Stati hanno concordato di triplicare la capacità energetica rinnovabile, a livello globale, entro il 2030.
L'abbandono delle fonti energetiche fossili, scrive ECCO, «è un grande assente dal programma del Movimento 5 Stelle, del PD, di Stati Uniti d’Europa, di Azione e della Lega». Inoltre, Forza Italia si discosta dal soggetto politico di riferimento, il Partito Popolare Europeo, per il sostegno, condiviso anche da FdI, alla produzione nazionale di idrocarburi, sottolineando l’importanza di gas e petrolio nel futuro. Solo il programma elettorale di AVS prospetta l'abbandono del carbone entro il 2030 e di petrolio e gas tra il 2035 e il 2040. Va ricordato che il G7 sul clima, energia e ambiente, che si è tenuto ad aprile a Torino, si è impegnato a chiudere tutte le centrali a carbone entro il 2035. Contro l’energia nucleare si schierano AVS e M5S, a favore partiti di centro, come Azione, e destra, i cui programmi esprimono un vago sostegno a questa tecnologia, soprattutto a favore del nucleare di nuova generazione e della fusione.
Oltre al settore elettrico, l’efficientamento energetico degli edifici e la decarbonizzazione dei trasporti sono due altre azioni centrali per la riduzione delle emissioni di gas serra. ECCO osserva che «Azione e Forza Italia si discostano dai gruppi europei di riferimento, chiedendo di rivedere la cosiddetta direttiva “Case Green”, perché ritengono che vada lasciato agli Stati membri definire gli obiettivi di ristrutturazione edilizia a seconda delle specificità nazionali». Azione propone di eliminare la previsione di obiettivi minimi delle prestazioni energetiche degli edifici. La destra è molto critica verso la direttiva. Fratelli d’Italia vuole una sua radicale modifica, la Lega chiede la sua cancellazione.
I due partiti di destra sono contrari anche allo stop alla vendita dei veicoli con motore a combustione dal 2035. Forza Italia, Lega e Azione sostengono la produzione dei veicoli a biocarburanti. Il PD parla della necessità di investire nell'industria della componentistica per veicoli elettrici. AVS vuole vietare l'uso dei jet privati, con divieto di voli a corto raggio.
Le politiche per il clima riguardano molti settori e l’analisi di ECCO si estende alle politiche economiche e fiscali, l’economia circolare, le politiche agricole e industriali, quelle lavorative e sociali e anche la politica estera.
C’è, infine, un ambito di grande rilevanza nelle politiche climatiche: l’adattamento agli impatti del cambiamento climatico. Le cosiddette soluzioni basate sulla natura, la conservazione degli ecosistemi, contribuiscono sia all’adattamento che alla riduzione netta delle emissioni. Lo scorso febbraio il Parlamento Europeo ha approvato la Nature Restoration Law, che fissa l’obiettivo di ripristinare almeno il 20 per cento delle aree terrestri e marine entro il 2030 e di tutti gli ecosistemi degradati entro il 2050. I voti contrari all’adozione del provvedimento erano arrivati dai gruppi di destra, da una parte dei popolari e dei liberali di Renew Europe.
Nello stesso mese la Commissione europea ha proposto di tagliare le emissioni di gas serra del 90 per cento nel 2040, rispetto ai livelli del 1990. Si tratterebbe di un’ulteriore tappa intermedia sulla strada verso le emissioni zero nel 2050, oltre a quella del 2030. Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente le proiezioni indicano che i paesi dell’Unione sono diretti verso una riduzione del 48 per cento nel 2030. Le politiche attuali non sono allineate all’obiettivo dichiarato del 55 per cento. Centrare gli obiettivi di breve e più lungo periodo richiede maggiori azioni e investimenti per accompagnare e sostenere la transizione in tutti i settori.
Secondo Climate Action Tracker, progetto scientifico indipendente che monitora le politiche climatiche dei governi, l’adozione del Green Deal nel 2019 ha contribuito ad avvicinare l’Unione Europea all’obiettivo dell’accordo di Parigi: non superare 1.5 °C di aumento della temperatura globale. Le prossime elezioni determineranno gli equilibri politici nel Parlamento e nella Commissione Europea e il futuro delle politiche climatiche del nostro continente.
Antonio Scalari è un comunicatore della scienza. È redattore scientifico di Facta, collabora con il sito di informazione Valigia Blu ed è un membro fondatore di Climate Media Center Italia.