Giugno 2024 sarà un mese cruciale per il futuro dell’Unione europea. 400 milioni di cittadini europei eleggeranno i nuovi membri del Parlamento europeo. A seguire, i leader europei si esprimeranno sulle priorità politiche dell’Unione per i prossimi cinque anni e sulla base di questa “Agenda strategica” il candidato o la candidata Presidente della Commissione europea terrà un discorso programmatico al Parlamento europeo per essere eletto o eletta. Ma di Agenda strategica e di competitività dell’industria si inizierà a discutere già al prossimo Consiglio europeo straordinario del 17-18 Aprile.
Le sfide all’orizzonte sono chiare: 1. Il rischio di una transizione energetica non governata (con investimenti limitati e scoordinati) che faccia aumentare le disparità economiche tra Paesi e fasce sociali. 2. L’alto costo economico e politico della vecchia dipendenza dai combustibili fossili. 3. La nuova dipendenza dall’industria verde cinese e la crescente competizione con gli Stati Uniti. 4. L’intensificarsi degli impatti dei cambiamenti climatici (marzo è stato il decimo mese consecutivo più caldo di sempre). 5. La crescente polarizzazione internazionale.
Il Green Deal europeo ha gettato le basi per la modernizzazione dell'economia e della società dell'UE, riuscendo ad accelerare la transizione alle tecnologie pulite e a rispondere ad alcune delle numerose crisi che l'UE ha affrontato negli ultimi cinque anni, come la ripresa dalla pandemia di Covid-19 e la riduzione della dipendenza dell'UE da gas, petrolio e carbone russi, ma le nuove sfide impongono una risposta ancora più ambiziosa. Per questo dalla pianificazione della prossima fase del Green Deal dipendono la sicurezza economica e la coesione sociale dell’Unione.
Da dove partire? Secondo il rapporto “Forging Economic Security and Cohesion in the EU” del think tank Strategic Perspectives, di cui sono direttrice esecutiva, serve una strategia industriale europea integrata, da ancorare all'obiettivo di riduzione delle emissioni del 90 per cento rispetto al periodo pre-industriale entro il 2040. Oggi le aziende europee sono esposte agli elevati costi economici della dipendenza da gas, petrolio e carbone. I prezzi dell'energia sono due volte più alti in Europa rispetto a Cina e Stati Uniti. A differenza delle loro controparti in Cina, a causa della mancanza di integrazione delle catene del valore a livello europeo, le aziende europee non sfruttano appieno il mercato interno per ridurre i costi e generare economie di scala.
Le aziende italiane non fanno eccezione. Secondo una ricerca di YouGov sul caro energia, il 77 per cento delle Piccole e Medie Imprese italiane interpellate sono state costrette ad aumentare i prezzi dei loro beni e servizi in risposta alla crisi, con impatti enormi anche sui clienti finali, e credono che le energie rinnovabili e l’efficienza energetica siano le soluzioni migliori per restare competitivi nel mercato.
Inoltre, l'approccio agli investimenti dell'UE manca di semplicità ed efficacia, soprattutto se confrontato con quello degli Stati Uniti, e la combinazione di finanziamenti comunitari e nazionali è difficilmente realizzabile. Questo aspetto è ancora più rilevante in quanto le condizioni economiche della transizione verso le tecnologie verdi sono ad alta intensità di capitale. Sempre secondo lo studio di YouGov, il 77 per cento delle imprese intervistate in Italia si dicono pronte e disposte a intraprendere la via della transizione energetica, ma chiedono che siano rimosse le barriere, in primis quelle amministrative e burocratiche.
La legge europea sull'industria a zero emissioni (Net-Zero Industry Act) è stato un primo passo nella giusta direzione, ma manca una visione solida che fornisca il necessario sostegno finanziario alle catene del valore integrate e all'aumento della produzione. L'Italia, rinomata per il suo ricco patrimonio industriale e per la sua capacità innovativa, possiede un immenso potenziale per guidare la transizione verde dell'Europa. Una strategia industriale europea offrirebbe alle aziende italiane una chiara tabella di marcia per navigare in questo panorama di trasformazione, facendo leva sui loro punti di forza per emergere come leader nell'innovazione sostenibile.
Secondo la strategia proposta, che si concentra su settori chiave del tessuto industriale italiano, come l’acciaio e l’automotive, a fronte di 668 miliardi di euro di investimenti tra il 2023 e il 2040, si potrebbero creare 233 miliardi di euro di nuovo valore aggiunto industriale avanzato. In totale, entro il 2040 sarebbero creati 2,1 milioni di nuovi posti di lavoro nelle industrie a zero emissioni, di cui 1,6 milioni già nel 2035.
Con una strategia industriale, l'UE potrebbe ridurre le importazioni di materiali di almeno 42 miliardi di euro e di tecnologie a zero emissioni di carbonio, come i veicoli elettrici e le pompe di calore, di almeno 91 miliardi di euro all'anno tra il 2030 e il 2040.
In un decennio, insomma, l'Europa potrebbe passare dall'essere una consumatrice a diventare una produttrice di tecnologia verde. Senza una strategia coordinata, invece, permarrebbe la vulnerabilità ai rischi di approvvigionamento e alle tensioni geopolitiche.
Linda Kalcher è un’analista economica, esperta di transizione energetica e affari europei. È direttrice esecutiva di Strategic Perspectives, think tank con sede a Bruxelles.
Le ipotesi di transizione ahimé non si sposano bene con il pragmatismo burocratico ed ideologico del nostro paese. Le osservazioni teoriche sono ottime ma in funzione di una "competitività sul mercato": siamo un continente logico-razionale non abbiamo ancora ben capito che il modus operandi del genere umano sta portando ad un crollo quasi-imminente, proprio perché l'idea di salvaguardia non si sposa con gli obiettivi personali sul capitale e investimento del singolo imprenditore che ha ben altro a cui pensare: il suo successo economico e la sua partita imprenditoriale.
Quando ci rendiamo conto dell'importanza collettiva oltre il mero muro del sistema in cui viviamo (coscientemente considerato da tutti gli attori presenti) forse le cose cambieranno.
Esistono ancora guerre ad oggi e sfruttamento di risorse naturali da parte di alcuni su altri: se questo non é un segnale di non-comprensione, non sò quale lo possa essere.