Il 2023 è stato l’anno in cui, per la prima volta, la quota di produzione di elettricità generata dal vento in Europa ha superato quella del gas (18 per cento contro 17). Dal 2010 al 2022 il costo di un kilowattora di energia prodotto con il vento – espresso come costo livellato dell’elettricità – è diminuito del 69 per cento per l’eolico a terra e del 59 per cento per quello in mare.
Nel rapporto “Net Zero 2050” l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) ha proposto un percorso verso le emissioni nette zero che assegna all’energia solare e a quella eolica, insieme, circa il 70 per cento della produzione globale di elettricità dal 2050. L’eolico occuperà, dunque, un posto sempre più centrale nel sistema energetico del futuro. Proprio per il ruolo che riveste nella transizione energetica, e quindi nell’ormai inevitabile abbandono dei combustibili fossili, l’energia eolica è un bersaglio per i critici delle politiche per le emissioni zero e dei negazionisti climatici. Su di essa circolano informazioni parziali, false notizie e narrazioni che la dipingono come dannosa per l’ambiente e gli animali. Per qualcuno l’energia eolica sarebbe perfino la causa di una malattia: la «sindrome delle turbine eoliche».
L’origine di questa presunta patologia risale a un libro apparso nel 2009 e intitolato Wind Turbines Syndrome. A report on a natural experiment. L’autrice, una pediatra e psichiatra americana, Nina Pierpont, descrisse le storie di un gruppo di persone che vivevano nei pressi di turbine eoliche e che denunciavano vari sintomi, tra cui ronzii alle orecchie, nausea, insonnia, vertigini, emicrania e palpitazioni. Pierpont si limitò a raccogliere le interviste telefoniche di 23 soggetti e i sintomi di alcuni altri. Non svolse altre verifiche e valutazioni cliniche dirette, né impiegò gruppi di controllo, come si fa di norma quando si svolgono ricerche di questo tipo. Non effettuò nemmeno una mappatura delle aree geografiche coinvolte, che sarebbe stata necessaria per stabilire correlazioni tra i presunti sintomi e le loro sorgenti. Le uniche prove erano le testimonianze di un piccolo gruppo di persone. Il libro venne autopubblicato e messo in vendita su un sito personale, senza essere sottoposto a una revisione scientifica indipendente. Nel giro di breve tempo è diventato un riferimento per gruppi che si oppongono all’energia eolica. Uno di questi è la Waubra Foundation, un’organizzazione australiana che prende il nome da una cittadina dove è presente un parco eolico. Il suo fondatore ha alle spalle una lunga carriera di dirigente nel settore dei combustibili fossili.
La «sindrome delle turbine eoliche» è una condizione medica non riconosciuta in alcun manuale diagnostico. Si tratta, in sostanza, di pseudoscienza. Tuttavia, ciò non significa che il possibile impatto delle turbine eoliche sulle comunità che vivono nelle loro vicinanze non sia stato studiato con rigorosi metodi di ricerca. Per capire se e come il rumore delle turbine eoliche possa avere qualche effetto sulla salute umana, è necessario innanzitutto considerare quali tipi di rumori producono questi impianti e come si propagano in un territorio. Una turbina eolica produce un rumore meccanico e uno aerodinamico. Il primo è un ronzio che origina dalla navicella, la struttura, posta in cima alla torre, che contiene diversi componenti tra cui il generatore che, attraverso il rotore, trasforma il movimento delle pale in energia elettrica; il secondo, quello prevalente, è il fruscio (in inglese, whoosh), causato dal movimento delle pale che, ruotando, fendono l’aria. Dagli anni ‘80 a oggi la tecnologia eolica ha fatto progressi. Le turbine sono diventate sempre più grandi e potenti, ma anche più silenziose, grazie a diversi cambiamenti introdotti nella loro progettazione, come il disegno delle pale. Secondo uno studio guidato dal Lawrence Berkeley National Laboratory degli Stati Uniti, il gigantismo delle turbine eoliche, sia nelle dimensioni che nella potenza, è destinato ad avanzare. Questo sviluppo renderà i parchi eolici più silenziosi, perché anche se i singoli impianti potranno essere più rumorosi, grazie alla loro maggiore potenza si potrà installarne di meno.
È stato misurato che una turbina eolica di grandi dimensioni produce un rumore che a 300 metri, cioè la distanza minima alla quale di norma si trovano gli edifici più vicini, si colloca tra i 35 e i 50 decibel. In questo intervallo ricadono rumori come quello di un frigorifero, una lavastoviglie silenziosa o l’insieme di suoni che si può percepire all’interno di una biblioteca pubblica. A ridosso dell’impianto i decibel aumentano e la turbina produce un rumore dell’intensità di quello di una tagliaerba. Alle nostre orecchie una conversazione a tono di voce normale o un aspirapolvere risultano più rumorosi di una turbina eolica a centinaia di metri di distanza, che a sua volta è decisamente meno rumorosa di una strada trafficata. Tuttavia, ciò non basterebbe a chiudere la questione dei suoi possibili effetti indesiderati.
La propagazione del rumore di una turbina eolica può variare a seconda delle condizioni meteorologiche, della velocità del vento e della conformazione del territorio. Inoltre una turbina, soprattutto attraverso le pale, genera una gamma di suoni a diversa frequenza, in particolare a bassa (20-200 hertz) e infrasuoni, cioè suoni con frequenze inferiori a 20 hertz. Gli infrasuoni non sono udibili dall’orecchio umano, anche se c’è una certa variabilità nella loro percezione e alcune persone possono essere in grado di sentirli se superano un certo livello di intensità. I suoni a bassa frequenza sono in grado di propagarsi a lunga distanza e di interagire con gli edifici che colpiscono, producendo vibrazioni che le persone al loro interno possono avvertire. È a questi suoni che è stata attribuita gran parte dei presunti effetti dannosi delle turbine eoliche. Tuttavia, i suoni a bassa frequenza e gli infrasuoni sono ovunque nell’ambiente in cui viviamo e vengono generati da una quantità di sorgenti, sia naturali che artificiali.
Negli ultimi vent’anni sono state svolte decine di ricerche, tra singoli studi e revisioni della letteratura. L’indagine sui possibili effetti delle turbine eoliche sulla salute ha ormai accumulato una quantità di dati e di evidenze ed è possibile trarre delle conclusioni. Dagli studi emerge una percentuale variabile di persone che riportano una generale sensazione di fastidio e disturbi, come l’insonnia, associati a livelli crescenti di percezione del rumore. Ma, come scrivono gli autori di una revisione pubblicata nel 2014, «la letteratura epidemiologica e sperimentale non fornisce prove convincenti o coerenti che il rumore delle turbine eoliche sia associato a qualche esito patologico ben definito». È la stessa conclusione a cui giungono diverse altre ricerche. I sintomi che vengono intuitivamente associati agli infrasuoni delle turbine eoliche sono piuttosto comuni nella popolazione e possono essere causati da molte malattie croniche e dallo stress. È perciò difficile isolare una singola causa, in qualsiasi contesto vengano riscontrati.
Una revisione della letteratura scientifica più recente, pubblicata nel 2021, ha esaminato 22 studi realizzati tra il 2010 e il 2020. Indipendentemente dal livello effettivo di rumore, notano gli autori, la percezione generale riguardo agli impianti eolici sembra essere influenzata da altri fattori, come la sensibilità soggettiva al rumore, le attitudini personali riguardo all’energia eolica, i benefici economici collegati, i timori per la salute e le preoccupazioni di ordine estetico. In uno studio pubblicato nel 2014 un gruppo di ricercatori neozelandesi, esperti in psicologia e acustica, ha verificato in modo sperimentale come le aspettative sulle turbine eoliche, sia positive che negative, possano causare manifestazioni fisiche e psicologiche. Un campione di persone è stato diviso in due gruppi: al primo è stato mostrato un filmato che poneva le turbine sotto una luce negativa e allarmante, avvisando gli spettatori che gli infrasuoni di questi impianti potrebbero rappresentare un rischio per la salute; al secondo gruppo è stato fatto vedere un filmato che li descriveva in una cornice molto più positiva, affermando che gli infrasuoni prodotti dalle turbine sono identici a quelli di fenomeni naturali, come le onde dell’oceano e il vento, e che sarebbero benefici per la salute. In seguito i partecipanti sono stati esposti contemporaneamente sia a un rumore udibile, a 43 decibel, sia ad infrasuoni, entrambi registrati da un parco eolico. Tutti sono stati avvisati che sarebbero stati esposti anche a stimoli non udibili. I risultati sono stati chiari: nel gruppo con aspettative negative si è verificato un aumento significativo del numero e dell’intensità dei sintomi e un peggioramento dell’umore; il gruppo con aspettative positive ha mostrato un comportamento opposto. Il potere delle aspettative è tale che, come ha dimostrato lo stesso gruppo di ricerca, è in grado di condizionare la psicologia delle persone anche quando vengono esposte a infrasuoni fittizi.
I risultati delle ricerche indicano che la sintomatologia associata alle turbine eoliche potrebbe essere un caso da manuale di effetto nocebo. Se l’effetto placebo è il sollievo che si trae da una finta cura quando si è convinti della sua efficacia, l’effetto nocebo è il suo opposto. Attribuire a questo effetto, ampiamente documentato, i malesseri che alcune persone possono lamentare non significa negare o sottovalutare la loro esperienza soggettiva. Le percezioni sono reali quanto i meccanismi cognitivi che le determinano. La «sindrome delle turbine eoliche» è una malattia immaginaria, ma non lo sono i fattori psicologici, ideologici e sociali che possono indurre le persone a credere di soffrirne. Simon Chapman, professore emerito alla scuola di sanità pubblica dell’Università di Sidney, la definisce una “malattia comunicata” (communicated disease), un’espressione che in lingua inglese rimanda alle communicable diseases, cioè le malattie contagiose. Nel caso della «sindrome delle turbine eoliche» il contagio è sociale e mediatico. Una «malattia psicogena che si diffonde per l’esposizione alla pubblicità negativa». Chapman ha elencato 247 sintomi per i quali sono state chiamate in causa le turbine eoliche, compresi il cancro e le emorroidi. Ma, a parte quelli più bizzarri e improbabili, la maggior parte hanno a che vedere con l’ansia.
Questa storia ricalca quella di altre pseudopatologie, come la sensibilità chimica multipla, l’ipersensibilità ai campi elettromagnetici o il sovraccarico da vaccini. Malattie credute reali a causa della fobia per sostanze chimiche, tecnologie o trattamenti medici. Queste presunte malattie vanno spesso di pari passo con teorie complottiste, come quelle sui vaccini, la rete 5G e le “scie chimiche“. In Australia, riporta Chapman, le aree dove si trovano impianti eolici che sono stati presi di mira dai gruppi che si oppongono al loro sviluppo sono le più colpite dalla presunta sindrome. Sul fuoco delle paure soffiano le ideologie, come quella di chi continua ad alimentare la disinformazione sulle tecnologie che ci stanno liberando dalla dipendenza dai combustibili fossili.
Antonio Scalari è un comunicatore della scienza. È redattore scientifico di Facta, collabora con il sito di informazione Valigia Blu ed è un membro fondatore di Climate Media Center Italia.