Perché gli oggetti di colore blu sono rimasti intatti durante gli incendi che lo scorso agosto hanno devastato l’isola di Maui, alle Hawaii? Questa strana domanda era al centro di diversi video su TikTok e post su altri social network, che al tempo stesso fornivano la risposta: il blu era un segnale per non farsi colpire dai raggi laser sparati dallo spazio.
«Le armi laser possono essere programmate su diverse lunghezze d’onda», recitava il testo di un tweet in cui compariva l’immagine di un inquietante fascio di luce piovuto dal cielo, «c’era qualcosa di blu che doveva rimanere intatto». In un altro post su X/Twitter, un altro utente aveva svelato l’arcano: guarda caso, le ville a Maui di Oprah Winfrey, della famiglia Clinton, di Barack Obama e del cantante Kid Rock sono tutte pitturate di blu; e guarda caso, non hanno nemmeno un graffio.
Ovviamente, come hanno spiegato varie testate, non c’è nulla di vero in queste affermazioni.
Le celebrità in questione non hanno abitazioni a Maui. Le immagini e video si riferivano a eventi e situazioni del tutto slegate agli incendi alle Hawaii. E, sebbene le cause dei roghi non siano ancora state accertate con precisione, di sicuro non c’entrano laser spaziali o le cosiddette “armi ad energie diretta” (Directed energy weapons, Dew).
Queste ultime esistono veramente: utilizzano energia elettromagnetica sparata alla velocità della luce. Il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti spende un miliardo di dollari all’anno per questo tipo di armi, ma la loro applicazione sul campo è ancora in fase sperimentale. Per intenderci: secondo il professore dell’Università del Colorado Iain Boyd, per provocare incendi di tale portata sarebbe servita un’arma talmente gigantesca da non poter passare inosservata – una specie di Morte Nera, insomma.
La teoria dei raggi laser ha però attecchito, ed è ricomparsa anche in occasione del terremoto che ha colpito il Marocco l’8 settembre del 2023. Su TikTok è diventato virale un video in cui compaiono strani lampi nel cielo: secondo l’utente che l’ha postato (Titan5151, poi sospeso dalla piattaforma) sarebbe stato girato subito prima della scossa di magnitudo 6.8. Nei commenti, diverse persone hanno parlato di un fantomatico “dispositivo di controllo del clima”.
Tuttavia, secondo la ricostruzione di Polygraph, quel video non è stato girato in Marocco e non è nemmeno originale. L’ha realizzato nel maggio 2020 l’artista visivo statunitense Jay Hideaway, descrivendolo come il falso avvistamento di un Ufo a Los Angeles.
Quella dei raggi laser è soltanto una delle tante teorie del complotto climatiche che circolano nell’immediatezza delle catastrofi naturali. Il campionario è decisamente vasto: alcune teorie, ad esempio, sono tornate in auge dopo che sembravano aver esaurito il loro ciclo vitale; altre sono decisamente bizzarre, e si intrecciano con la narrativa fantascientifica. Tra queste spicca la cosiddetta “inversione dei poli magnetici”, secondo cui ogni 6.500 anni un immenso cataclisma sconvolgerebbe la Terra annientando ogni tipo di civiltà umana.
Ora: il fenomeno esiste sul serio, ma non è legato al cambiamento climatico. Come ha puntualizzato la NASA, l’inversione si verifica molto lentamente – in 83 milioni di anni è avvenuta 183 volte – e non nelle modalità tipiche di un disaster movie con l’attore The Rock.
La fonte di questa teoria, che ha raccolto decine di milioni di visualizzazioni su TikTok ed è comparsa in una puntata del seguitissimo podcast di Joe Rogan, è piuttosto bislacca: un libro pubblicato nel 1963 dall’ufologo Chan Thomas. Tra le varie cose, quest’ultimo ha sostenuto che Gesù Cristo avesse studiato segretamente in India e fosse stato prelevato dagli extraterrestri dopo la Resurrezione.
In sostanza, un oscuro testo degli anni Sessanta viene riciclato per negare la crisi climatica e al contempo suscitare un atteggiamento profondamente fatalista: siccome siamo destinati a scomparire, tanto vale non fare nulla. Mentre in realtà, come ha scritto Ferdinando Cotugno nella terza puntata di A fuoco, non è ancoramai troppo tardi per intervenire.
Poi ci sono le teorie più politiche, che incolpano apparati statali o gruppi di potere occulti: è il caso di Haarp e delle scie chimiche. La prima è l’acronimo di High-Frequency Active Auroral Research Program. Si tratta di un programma di ricerca di fisica della ionosfera condotto dal 1993 fino al 2014 dall’esercito statunitense in Alaska, e dal 2015 dall’università di Alaska Fairbanks.
Fin da subito, il programma è stato al centro di diverse speculazioni.
Dietro la copertura della ricerca scientifica, hanno sostenuto i teorici del complotto, le forze armate starebbero testando una terribile arma in grado di provocare terremoti e alluvioni a piacimento. Haarp sarebbe inoltre un centro di comunicazione segreto con gli alieni, nonché uno strumento per controllare la mente della popolazione, naturalmente a sua insaputa.
Nonostante le ripetute smentite, la teoria ha goduto – e gode – di una longevità davvero sorprendente: Haarp tuttora viene tirato in ballo per spiegare l’origine di certi terremoti, come quello in Turchia del febbraio 2023.
Lo stesso è successo alle famigerate scie chimiche, che del resto sono strettamente legate ad Haarp. La teoria sostiene l’esistenza di un programma segreto – condotto da governi o altre entità nascoste – volto a rilasciare nell’atmosfera sostanze tossiche attraverso aerei militari e civili.
Oltre a inquinare l’ambiente, le scie di condensazione servirebbero anche a: controllare il clima attraverso esperimenti militari di geoingegneria; manipolare il tempo atmosferico; provocare un’inesistente malattia chiamata “morbo di Morgellons”; sterilizzare la popolazione per innescare una crisi demografica irreversibile; e fare il lavaggio del cervello ai cittadini.
La loro origine risale alla metà degli anni Novanta, all’interno dei circuiti evangelici e suprematisti statunitensi. Da lì in poi la teoria si è diffusa in molti Paesi – Italia inclusa, dov’è stata a lungo oggetto di interrogazioni parlamentari – dimostrando un’incredibile capacità di adattamento e resilienza.
Nel corso della pandemia di Covid-19, ad esempio, le scie chimiche si sono fuse con le teorie sull’origine artificiale di Sars-Cov-2, a quelle sulla tecnologia 5G, nonché a quelle contro i vaccini. A sua volta, la contaminazione tra il complottismo pandemico e il complottismo climatico ha generato una nuova teoria: quella sui cosiddetti “lockdown climatici”.
Così come il Covid-19 era una scusa per violare i diritti fondamentali dei cittadini, i disastri climatici sono un pretesto congegnato ad arte dalle “élite globaliste” – e i soliti Bill Gates o George Soros – per creare distopie urbane (la cosiddetta “città in 15 minuti”) e instaurare spietate dittature.
L’obiettivo di queste teorie è piuttosto evidente: contestare la scienza del clima, minimizzare la portata dell’emergenza in corso e spostare l’attenzione su falsi capri espiatori o spiegazioni fuorvianti, facendo così perdere tempo ed energie preziose.
In questo, la sovrapposizione con il negazionismo climatico è pressoché totale. Anche se «è diventato molto difficile negare il cambiamento climatico», ha detto il climatologo Michael Mann, questo non significa che sia cessata «la lotta per mantenerci dipendenti dai combustibili fossili» – ossia la principale causa del riscaldamento globale.
Terminata la fase più acuta della pandemia, insomma, l’attenzione del mondo complottista si è subito spostata sul fronte del cambiamento climatico. Ed è ragionevole pensare che, con l’aggravarsi della crisi e l’aumento di eventi atmosferici estremi, quel fronte rimarrà caldo ancora a lungo.
Leonardo Bianchi è un giornalista che si occupa prevalentemente di estremismo e complottismo. È stato a lungo news editor di VICE Italia, mentre ora collabora con varie testate. È autore di La Gente. Viaggio nell’Italia del risentimento e Complotti! Da QAnon alla pandemia, cronache dal mondo capovolto, entrambi pubblicati per minimum fax. Cura anche la newsletter COMPLOTTI!.
A Fuoco consiglia
Alle 13.45 del 3 luglio 2022, una gigantesca placca glaciale si è staccata dal ghiacciaio della Marmolada, travolgendo tre cordate di alpinisti. Il bilancio finale fu di 11 morti e 8 feriti. Nel podcast La montagna ferita. Vita e morte di un ghiacciaio il giornalista e videomaker Marco Todarello ripercorre quegli attimi, per sottolineare quanto la prossima scomparsa dei ghiacciai sia rivelatrice della gravità e della complessità della crisi climatica del nostro tempo, e quanto dai loro delicati equilibri dipenda il benessere dell’ambiente e in definitiva dell’umanità.
A Fuoco è un progetto collaborativo. Vuoi partecipare?
Rispondi al nostro sondaggio sul giornalismo climatico: aiutaci a capire cosa manca e cosa si può migliorare nell’informazione sulla crisi climatica nei media italiani.
Articolo molto interessante, ma a parer mio fuorviante. Si mescola un poi di tutto, dalle teorie più assurde e strampalate ad altre che potrebbero avere un fondo di verità (la geoingegneria climatica) per fare di tutta l'erba un fascio. Insomma, al termine della lettura continuo a chiedermi, ma cosa sono le scie chimiche? Il fatto che i cieli non siano più puliti come negli anni Sessanta è visibile a tutti quelli che c'erano in quegli anni. E quindi? Chi sta facendo cosa e perchè? L'articolo non spiega nulla a tal proposito.