Perché continuiamo a parlare di CO2
Rispondiamo a un lettore interessato alla centralità dell'anidride carbonica nel discorso sulla crisi climatica
In seguito alla pubblicazione della prima uscita della newsletter A Fuoco abbiamo ricevuto il messaggio di un lettore che poneva un interessante quesito: “Perché la percentuale di CO2 è molto bassa eppure pensiamo abbia un impatto devastante sul clima?”. Si tratta di una curiosità lecita, ma che nel corso del tempo è stata sfruttata da chi prova a negare l’esistenza della crisi climatica per un ritorno economico o di natura politica.
Partiamo dall’inizio. Quando parliamo di CO2 ci riferiamo al diossido di carbonio (o anidride carbonica), un gas serra che trattiene il calore del Sole vicino alla Terra, permettendo al nostro pianeta di non trasformarsi in una palla di ghiaccio invivibile. Questo effetto positivo ha però anche un risvolto decisamente più preoccupante: la CO2 è così efficace nel trattenere il calore che anche un piccolo aumento nella sua concentrazione può riscaldare la Terra più di quanto sia necessario. È esattamente ciò che sta succedendo ed è ciò che preoccupa gli scienziati.
Attualmente la concentrazione di CO2 è di 420 ppm (parti per milione), rappresenta cioè lo 0,042 per cento delle sostanze presenti nell’atmosfera terrestre. Una quantità che in valore assoluto potrebbe sembrare molto bassa, ma che assume un significato solo se confrontata con i valori registrati quando il pianeta era in salute. Come spiega la Nasa, dall’inizio dell’era industriale nel XVIII secolo, le attività umane hanno aumentato la CO2 atmosferica del 50 per cento e ciò significa che la quantità di anidride carbonica è ora pari al 150 per cento del suo valore nel 1750.
Nel 1850 l’atmosfera della Terra conteneva lo 0,028 per cento di CO2, un secolo più tardi – nel 1950 – questa superava per la prima volta lo 0,03 per cento. Questo rapido aumento indotto dall’uomo non ha alcun precedente nella storia del pianeta Terra ed è persino maggiore dell’aumento naturale osservato alla fine dell’ultima era glaciale, circa 20 mila anni fa.
Contrariamente a molti gas serra, la CO2 può restare nell’atmosfera per secoli e ciò significa che le nostre azioni avranno conseguenze decisamente più dilatate nel tempo. A ciò bisogna aggiungere che l’aumento di CO2 è in grado di innescare una sorta di effetto domino, dal momento che il riscaldamento del pianeta provoca una maggiore evaporazione dei bacini idrici, che a loro volta riscaldano ulteriormente l’atmosfera. Temperature molto alte finiscono quindi per sciogliere i ghiacci delle regioni polari, che liquefacendosi liberano enormi quantità di metano nell’atmosfera, un gas che è 25 volte più potente dell’anidride carbonica nel trattenere il calore.
Ecco spiegato perché una (apparentemente) così bassa quantità di CO2 è in grado di avere un impatto tanto devastante sul clima del nostro pianeta.