“Senza che nessuno se ne fosse accorto, il bambino aveva già prolungato viticci e radici, la fragile semente che ero io allora aveva avuto il tempo di calpestare il suolo argilloso con i suoi piedi minuscoli e malfermi, per riceverne, indelebilmente, il marchio originale della terra (…)”
José Saramago, Le piccole memorie
Ho provato a cercare su Google diverse combinazioni di parole chiave per capire che cosa mi avrebbe restituito sul rapporto tra la nostra salute e gli alberi. I risultati che ho ottenuto variavano dal vagamente new age all’inequivocabilmente fricchettone. Molti consigli sulla meditazione e qualche intersezione bizzarra, come aziende che vendono parquet pubblicando sul proprio sito informazioni sui benefici della silvoterapia, l’arte di abbracciare gli alberi (prima di vederseli in orizzontale a pavimentare il salotto, è chiaro). Le suggestioni misticheggianti piacciono anche a me ma non ho potuto fare a meno di domandarmi quanto ci potesse essere di scientifico e affidabile nelle informazioni trovate. Se parliamo della salute delle persone vorrei avere qualcosa di osservabile, in qualche modo. Misurabile, magari.
Così mi sono messa a cercare qualcuno che studiasse davvero gli effetti degli alberi sulla salute fisica e mentale delle persone. È stato a questo punto che sono sbarcata – almeno virtualmente – in Kentucky per parlare con Rachel Keith, una ricercatrice clinica che insegna Medicina all’università di Louisville.
Non avevo idea che Louisville condividesse con la città dove abito, Milano, il problema di un grave livello di inquinamento atmosferico. Ci siamo abituati ai ripetuti allarmi dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea) per l’area della Pianura Padana, con le alte concentrazioni di sostanze inquinanti nell’atmosfera che portano inevitabili conseguenze sulla salute umana. Anche Louisville può vantare – diciamo così – il primato di essere una delle città più inquinate del suo Stato. Anche se adesso va leggermente meglio, fino a qualche anno fa l’American Lung Association le assegnava regolarmente un pessimo voto, una F, per i livelli di ozono. Agli abitanti sono offerte sempre meno aree verdi; la perdita si aggira sui 54mila alberi ogni anno. Ecco la situazione al momento dell’arrivo di Rachel e degli altri ricercatori del progetto Green Heart Louisville, promosso da università, amministrazione locale e altri partner.
Se la ricerca scientifica non fosse mossa dall’ambizione probabilmente ci dovremmo ancora accontentare di aspettative di vita medievali. L’obiettivo dei ricercatori del Kentucky è ambizioso: provare scientificamente e una volta per tutte il collegamento tra la natura e la salute umana, nello specifico tra la presenza di alberi nelle aree urbane e una diminuzione di problemi di salute fisica e mentale degli abitanti. L’obiettivo è ridurre l’impatto diretto dell’inquinamento atmosferico sulla salute ma anche abbassare il rischio di malattie croniche come obesità, diabete e problemi cardiaci, ridurre ansia e stress, aumentare la coesione sociale. E naturalmente c’è anche il discorso legato all’adattamento delle città ai cambiamenti climatici, come quello utile a scongiurare la formazione delle isole di calore nelle città.
Un conto è immaginarselo solo intuitivamente – fin lì ci arriviamo tutti – oppure trarre conclusioni incrociando dati già esistenti. Un altro è mettere in piedi un trial clinico come quelli che si realizzano per sperimentare l’efficacia di un farmaco. Per quello che ne sanno, a Louisville sono i primi a fare questo genere di esperimento: «Se qualche Paese l’ha fatto altrove, non è stato pubblicato», sottolinea Rachel Keith, che supervisiona la parte clinica del progetto. La squadra al completo comprende specialisti molto differenti tra loro: epidemiologi, botanici, ingegneri ambientali, esperti di comunicazione e di psicologia incaricati di mantenere il dialogo con le comunità locali. Questo perché se la tua medicina è un albero, il tuo trial non si svolgerà in un laboratorio ma nel mezzo della città, tra case, scuole, uffici, bar e ospedali.
I ricercatori non si sono limitati ad analizzare i numeri ma hanno realmente modificato le circostanze di vita dei cittadini in sei aree nel sud della città piantando circa 8.000 alberi. Sono esemplari già adulti, per trarre il massimo beneficio dalla loro presenza, e sempreverdi, per contrastare tutto l’anno l’inquinamento atmosferico. I sei quartieri non sono stati scelti a caso: sono stati valutati parametri come il verde urbano già esistente, la densità di popolazione, le infrastrutture presenti ma anche le caratteristiche della vita di vicinato. In totale le aree selezionate comprendono una popolazione di oltre 22 mila residenti.
Siccome non siamo in un laboratorio risulta più difficile isolare la variabile dell’aggiunta di nuovi alberi. Per questo motivo ciascuna area interessata non è molto estesa, si cerca infatti di mantenere una certa omogeneità di condizioni di partenza dei partecipanti all’esperimento: i posti dove andare a fare la spesa sono più o meno quelli per tutti, così come l’ospedale di riferimento e gli altri servizi. L’unica cosa che è cambiata è che ci sono più alberi. Per capire l’effetto di questa introduzione, la squadra del Green Heart Louisville ha avviato un monitoraggio della salute di un campione composto da circa 700 persone tra i 25 e i 70 anni che ogni anno d’estate vengono controllate minuziosamente.
I primi passi di questo progetto erano stati mossi tra il 2018 e il 2019, ma la pandemia da Covid-19 ha interrotto tutto. Sono ripartiti da capo nel 2021 piantando i primi alberi e stabilendo la baseline dei partecipanti, cioè verificando le condizioni di salute iniziali dei cittadini. Per avere un quadro veramente completo, hanno misurato ai volontari altezza, peso e prelevato dei campioni di sangue e urine; inoltre, ciascuno è stato sottoposto a oltre due ore di intervista. Gli hanno domandato che cosa mangiano, come sono le loro abitazioni, se trascorrono del tempo all’aria aperta, quanto esercizio fisico riescono a fare, se bevono alcolici e qualsiasi altra informazione utile a comprendere i rischi di salute cui incorrono. Non è stato chiesto loro di fare qualcosa di specifico – come smettere di fumare o ingerire meno grassi – ma solo di continuare a trascorrere le giornate come d’abitudine, andando a lavorare, prendendo il caffè al bar, accompagnando i figli a scuola.
Inoltre, proprio come quando a essere somministrati sono dei farmaci sperimentali e non dei pioppi, il trial include un gruppo di controllo composto da partecipanti alla ricerca monitorati allo stesso modo degli altri ma che non vivono nelle aree con i nuovi alberi. Questo è utile, tra le molte altre cose, a escludere dai fattori che contribuiscono al miglioramento nelle condizioni di salute dei cittadini l’aspettativa stessa di essere monitorati, che li potrebbe indurre inconsapevolmente a comportarsi in modo più salutare, alimentandosi diversamente o muovendosi di più.
L’esperimento durerà almeno fino al 2029 ma a Louisville hanno iniziato a raccogliere – è il caso di dirlo – i primi frutti di questa ricerca. È stato infatti già riscontrato nei residenti delle nuove zone verdi una significativa riduzione nel sangue dei livelli di un marcatore delle infiammazioni sistemiche, la proteina hsCRP (high-sensitivity C-reactive protein, proteina C reattiva ad alta sensibilità). È un indicatore che predice rischi cardiovascolari come infarti e ictus nei soggetti apparentemente sani. «Poter ridurre in un'intera comunità il rischio di infarto, diabete o altro senza che gli individui debbano fare qualcosa, mentre stanno semplicemente vivendo la loro normale vita quotidiana, sarebbe un risultato enorme», dice Rachel Keith.
La ricercatrice clinica definisce le zone dell’esperimento un “laboratorio vivente”, aperto a chiunque voglia imparare qualcosa da questi luoghi. «Noi invitiamo le altre persone a venire a studiare l’area e i residenti, così che possano raccogliere i propri dati», aggiunge Keith, ribadendo che «gli alberi hanno molti altri effetti sull’ambiente e sull’economia che vanno ben oltre il semplice aiuto nell’attutire l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute».
In realtà, come racconta la ricercatrice, c’è già stato chi ha espresso un immediato interesse per l’esperimento di Louisville. Da parte loro, i ricercatori del Kentucky stanno provando a elaborare un greenprint, un modello replicabile della loro ricerca da applicare altrove – quindi volendo anche da noi – adattandolo alle variabili locali come le specie native di piante e l’ambiente che si respira. Anche quello umano, naturalmente.
Jessica M. Masucci è giornalista, autrice, produttrice di podcast. Scrive e ha scritto per diverse testate (“L’Espresso”, “Il Foglio”, “Lucy Sulla Cultura”, "Marie Claire” e altri) e ha lavorato per l’ANSA. Si occupa dell'intersezione tra potere politico, economico, culturale e la salute mentale e fisica delle persone. Ha scritto il libro-inchiesta Il fronte psichico. Inchiesta sulla salute mentale degli italiani (ed. nottetempo, 2023) e cura regolarmente la newsletter Stati di salute sulla piattaforma Substack.
Articolo molto interessante, non sapevo di questo esperimento anche se avevo letto alcune pubblicazioni che legavano salute e presenza di verde. Una prova in più (come se servisse) di quanto ci serve (ri)portare il verde nelle nostre città.
Sarebbe bello portare questo esperimento in Italia, a Milano ma anche a Torino e in generale nei capoluoghi padani. Uno dei fattori che mi ha fatto lasciare Milano è stata proprio l'assenza di verde e l'aria irrespirabile - e io abito a Roma ora, quindi non faccio il paragone con un paesino in campagna o montagna.
È triste invece vedere che, a fronte di studi così, proprio in pianura padana proseguono progetti come l'autostrada pedemontana: invece di mettere ferrovie, mettiamo autostrade a 8 corsie per risolvere il problema dell'inquinamento. Forse solo sanzioni pesanti e personali a chi prende queste decisioni ci potrebbero salvare.